Nome: mcastel (m.castellani@gmail.com) 10/10/2006
Assai interessante, che l'album da molti ritenuto il meno bello di Campovecchio, sia "Heavens Open", concepito e pubblicato praticamente a ridosso del suo grandissimo capolavoro Amarok. Addirittura non l'ha firmato con il suo classico "Mike", ma "Michael"...
http://tubular.net/discography/HeavensOpen.shtml
Come mai questo divario a brevissima distanza temporale? La cosa mi ha sempre interessato...
Oggi l'ho risentito venendo in macchina, e ho capito che la chiave interpretativa è fortemente autobiografica. In maniera assai scoperta, per Mike. Evidentemente riflesso di un periodo travagliato. Pare che si sentisse "spremuto" e incastrato nell'ingranaggio del "musical business", senza libertà di esprimersi secondo le sue corde, ma forzato a produrre musica commerciale e vendibile... Infatti le prime quattro canzoni sono come un'espansione di "Have a Cigar" dei Floyd, in vari modi e dettagli. Era in procinto di cambiare casa discografica, ma doveva far uscire, credo, un album o due (uno infatti sara' Amarok, espressamente pensato per "punire" la casa discografica ed il manager)
Mi impressiona, comunque, come questa situazione diciamo "contingente", "esterna", in un animo evidentemente sensibile, venga introiettata fino a generare veramente un malessere realmente esistenziale che informa lo stesso corpo, i movimenti, gli arti.. la percezione di sè ( "Gimme Back"), oppure genera uno svilimento degli ideali ed una mancanza di sogni di un freddo agghiacciante, nelle canzone forse più tetra e scorata dell'album "No Dream" (e già il titolo mette i brividi...)
http://tubular.net/lyrics/HeavensOpen.shtml#2
"Gimme Back" appunto è prò anche l'inizio di una rinnovata percezione di sè, mi pare. Capire cosa si "rivuole indietro", capire cosa esattamente manca, ci è stata tolta, è metà della cura (o anche di più). Infatti non a caso è il preludio necessario a quella (stavolta) meravigliosa canzone che è "Heaven's Open"
http://tubular.net/lyrics/HeavensOpen.shtml#5
in cui fino dall'accordo iniziale di pianoforte, si sente un'aria nuova, frizzante, un'esaltazione contagiosa, un senso di libertà e di "nuova nascita", ben sottolineato da una musica trascinante e coinvolgente..
Poi c'e' "Music from the balcony", e torna il Campovecchio strumentale, si prende 20 minuti per una suite interessante per molti aspetti - anche se non si puo' avvicinare a pezzi come Amarok, si intende.
Interessante anche notare come l'aspetto autobiografico sia fortemente marcato, dal fatto che - unica volta - Mike canta le canzoni in prima persona....
Insomma, non ho mai trovato così interessante un "brutto" album.. ;)