Mike Oldfield Fan Club Italiano

Mike Oldfield Fan Club Italiano
La recensione di
"Incantations" e "Exposed"
di Maxx

Incantations + Exposed

E' il 1978 e Mike lavora ad Incantations dal dicembre del '77. Purtroppo l'inarrestabile movimento Punk, con le sue chitarrone stridenti e le sue canzoni da tre minuti, cominciava a fare effetto sul pubblico e a mettere in pericolo la popolarità dei grandi gruppi progressive degli scorsi anni. Ora non andavano più in classifica i lunghi pezzi degli Yes e i Pink Floyd cominciavano ad essere scherniti dalla stampa specializzata, anche se non dal pubblico in generale. Mike ovviamente proseguì per la sua strada mettendo alla luce uno dei suoi dischi più affascinanti e particolari. Il suo conto in banca ne soffrirà un po' ma tutti in seguito gli daranno ragione.

Questo è il suo primo album doppio, quattro facciate per quattro suite chiamate Incantations della durata di poco meno di venti minuti: il disco più lungo di Mike, che qualche anno dopo il display del lettore CD avrebbe misurato in 72 minuti e 50 secondi! Dopo tre dischi legati da una percepibile evoluzione sonora, Mike volta pagina per provare decisamente altri arrangiamenti.

L'ascolto del disco ci rivela moltissime sorprese, a partire dall'inizio angelico formato da un collage di voci femminili che si intersecano formando il coro che insieme a due rullate di gong introdurrà la melodia principale suonata principialmente con due strumenti di cui Mike aveva fatto solo un uso marginale in passato: gli archi e i suoni del flauto. Un geniale accostamento che sebbene richiami la musica classica, la sonorità che produce è in realtà tutt'altra cosa! E' un pezzo con tempo dispari e molto movimentato sul quale si alterneranno altre tastiere ed una dose abbondante di Glockenspiel, chiaro riferimento ai dischi del bravissimo percussionista Pierre Moerlen che Mike chiamerà per suonare il vibrafono nella part four. E poi subito a 1 minuto e 55 entreranno le dolcissime onde minimaliste alla Philip Glass delle quali il disco è totalmente imbevuto. Fin'ora non c'è stata nessuna parte rilevante alla chitarra elettrica, che oltretutto si confonde con i suoni della tastiera. Siamo completamente immersi in un'infinita onda che si ripete incessante cullandoci dolcemente.
Tecnicamente il montaggio dei nastri è perfetto e il suono è limpido e leggero. Gli archi continuano a tessere la ritmica di base insieme agli arpeggi, dove poi interviene una melodia armonizzata alla chitarra insieme alle prime percussioni formate dal clap caldo delle mani, da qualche sonaglio e dai tamburi celtici. Segue poi una sezione più tranquilla con la tastiera in prevalenza e l'introduzione della tromba suonata con ottave molto alte e accompagnata dalle classiche sferzate degli archi. La temperatura del disco si alza e si abbassa velocemente fino alla metà dell'ottavo minuto dove la velocità aumenta vertiginosamente con una melodia aggressiva che sale e sale fino al brusco cambiamento della prima sezione cantata. Qui le percussioni si stabilizzano in un mid-tempo e gli strumenti si articolano in uno stile che ricorda la sezione finale di Ommadawn. E' questo l'unico collegamento che si potrebbe fare con gli album precedenti. E' uno stile che si ritroverà spesso in questo disco, come nell' infinita e ipnotica conclusione della seconda parte, ben 8 minuti e 59 secondi di dolcissime voci che ripetono senza variazioni la stessa melodia con le percussioni e i marimba dal feeling molto Hawaiano: una delle parti più caratteristiche del disco e di tutta la produzione in generale.
Il testo non è scritto da Mike ma è un estratto da Hiawatha, il che da un'idea di quanto a Mike importassero allora le parole nei suoi dischi: direi quasi zero…. Nelle sue prime interviste diceva sempre che con la musica si possono dire cose di pari importanza come se si utilizzasse un testo e che quando sente una canzone non ascolta mai le parole.

I primi dieci minuti della parte seconda sono invece molto tranquilli, quasi impercettibili, basati sull'uso costante degli archi e su qualche piccolo intervento alla chitarra elettrica.
Un particolare comune alle ultime tre parti è quello dell'introduzione: tutte cominciano con una melodia che non si ritroverà più all'interno della composizione e che ha la durata di 2-3 minuti, quasi a dare un inizio a sé alle suite, che poi proseguiranno per la loro strada percorrendo tutt'altre direzioni. Cosa che non succede nella prima perché l'introduzione dura almeno 5 minuti e viene ripresa e riarrangiata alla fine con uno stupendo assolo di tastiera col suono del flauto. Un emozionante cavalcata veloce su un suono molto delicato! Le prime due parti sono degnamente documentate dal vivo sul primo Live ufficiale Exposed, dove musicalmente sono riproposte "uguali" con un non indifferente impiego di forze (un'orchestra di cento elementi) e un notevole sborso di quattrini che manderà in bancarotta tutti quanti…. a dispetto del largo favore di critica e pubblico. Solo strutturalmente le musiche vengono proposte diverse: Mike purtroppo taglierà qualche sezione ed abbrevierà quelle più lunghe e ripetitive.

Nella terza parte dopo un folgorante allegro inizio con la chitarra tipica di Mike accompagnata allegramente dal Glockenspiel e da alcune percussioni piuttosto festose, ci si inoltra in un'altra sezione ritmata simile a quella di Ommadawn, con la differenza che qui Mike decide di mettere un bell'assolo al posto del cantato. All'inizio il vibrafono è primo piano per poi lasciare spazio alla chitarra elettrica. Purtroppo l'intensità della sezione è uguale dall'inizio alla fine senza nessun tipo di crescendo e questo dona una pesante sensazione di pura ripetitività. Questa è una delle parti che Mike taglierà totalmente dal vivo ed in Exposed. Improvvisamente a 8 minuti e 36 secondi tutto si ferma per scaraventarci addosso una potente melodia accentuata dal ritorno della batteria: era da 5 anni che Mike non la usava! L'ultima volta era sulla sezione Piltdown-Man di Tubular Bells. Questa parte è abbastanza maestosa e caricata da una chitarra distorta abbastanza da farci percepire che non si tratta assolutamente di un disco Heavy-Metal qualunque, ma qualcosa di molto particolare: è la tipica distorsione alternativa, secca e graffiante che Mike utilizzerà spesso e volentieri nei dischi successivi, che saranno leggermente più Heavy del solito. Il tutto è condito abbondantemente da grosse parti di sintetizzatore e da melodie con un suono simile al flauto.

L'inizio della Part Four è una delle cose più mistiche che Mike abbia mai scritto. Una leggerissima melodia arpeggiata all'arpa e farseggiata da una fine tastiera, qualcosa di veramente sublime e profondo… ovviamente interrotta a 1 minuto e 45 secondi da un difficilissimo pezzo tutto rigorosamente suonato al vibrafono da Pierre Moerlen, probabilmente il migliore vibrafonista e percussionista che Mike poteva trovare! Alcune parti sono scritte per essere suonate da 2 e 3 vibrafoni e il risultato finale è un luccichio sonoro fortissimo estremamente tagliente nelle sue frequenze altissime. E Mike assola che è un piacere…
A 8 minuti e 7 secondi inizia una delle parti più aggressive del disco: un super riff volteggiante al basso con dei tamburi bellissimi e un assolo veramente emozionante e tiratissimo. La temperatura del pezzo si alza parecchio… Una breve fantastica parte che purtroppo Mike non riproporrà dal vivo.
A 12 minuti e 18 secondi lo xilofono fa la sua delicata entrata introducendo la base ripetitiva di quello che sarà uno dei momenti indimenticabili dell'intero disco. Si aggiungono a ogni giro il basso, una delicata tastiera, delle voci leggere, la melodia principale (che è la stessa che viene ripetuta all'infinito alla fine della seconda parte arrangiata diversamente) finalmente la chitarra che segue lo xilofono e la voce fantastica di Sally Oldfield. Il finale è con un bellissimo assolo che seguendo lo xilofono conclude alla grande il pezzo. Su Exposed Mike si produce in una emozionante variazione dell'assolo finale aggiungendo una prospettiva inedita alla melodia. Quest'ultimo segmento ha la durata di circa 4 minuti ed è stato utilizzato più volte nelle raccolte e compilations come una specie di singolo che rappresentasse l'album in generale.

Incantations è un super-disco, lunghissimo, di quelli da ascoltare anche in sottofondo o in macchina date le sue lunghissime parti ripetitive. La seconda parte di Exposed è il suo riflesso, con i contorni meno definiti e con meno particolari, più adatto forse ad un ascolto attivo, liberato delle parti più uguali. Un grosso cambiamento in generale per Mike, per la prima volta senza delle parti rilevanti alle chitarre acustiche e con un grosso uso di synth e xilofoni, "tutto per creare quell'immensa grande onda". In definitiva la lezione più importante: "Non c'è nulla di male nella ripetizione se quello che viene ripetuto è buono".


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