Hergest Ridge
è la seconda opera di Mike, e fu l'unico disco che nel 1974 portò
via a Tubular Bells il dominio delle classifiche inglesi. Infatti, appena
uscì, salì subito in vetta scardinando il disco dalla
prima posizione! Era già chiaro infatti che Mike aveva prodotto
un altro grande capolavoro, e per farlo si era recato in una particolare
zona dell'Inghilterra dove, lontano dalla pressione della gente, della
casa discografica, dei giornalisti, tutto solo cominciò a scrivere
i vari segmenti musicali che avrebbero formato il disco.
Recuperando melodie scartate per Tubular Bells, riarrangiandone di nuovo
un pezzo e scrivendo col passare dei giorni nuove musiche, arrivò
a registrare completamente da solo, suonando il 98% degli strumenti
e utilizzando una particolare tecnologia, quello che sicuramente è
un disco molto speciale. Dal punto di vista stilistico non ci sono differenze
rilevanti: siamo di nuovo di fronte infatti a due pezzi musicali, una
sul lato "A" del vinile e l'altra sul lato "B",
della durata epocale e in piena tradizione Progressive di ben
20 minuti ciascuna (un po' meno del disco precedente).
Quello che in realtà colpisce al cuore è invece l'incredibile
raffinatezza e profondità delle melodie e delle sonorità
che si susseguono all'ascolto. Mike riesce a dipingere davanti a noi
un'immenso affresco sonoro, raffigurante lunghe distese di prati verdi
e numerose colline (in questo senso aiuta anche la bellissima copertina
del disco che raffigura in due parti speculari la distesa verde di un
prato, il cielo e le nuvole fotografate con un forte uso del grandangolo:
l'effetto finale è quello di un piccolo pianeta ovale e verde
formato da prati) dove regna la pace interiore ed esteriore più
assoluta. Sembra veramente che abbia trasferito a noi con la sua musica
gli stati d'animo che lui provava quando, nelle vallate dove si era
trasferito, componeva le musiche.
Il disco si apre con dei farseggi di flauto che piano piano ci svelano
la melodia principale e prosegue con un arpeggio all'organo molto delicato
supportato alla base da un'ulteriore arpeggio (suonato con chissà
quante chitarre sovraincise per riempire bene il suono) in stile Philip
Glass (un compositore minimalista geniale che in questa occasione ha
influenzato Mike nel songwriting e che più di tutti ci
ha mostrato il concetto di ripetizione musicale nei suoi dischi coi
suoi infiniti folli arpeggi). Geniale è stata l'introduzione
di due strumenti bellissimi ma molto anomali nel Rock: l'oboe e la tromba,
gli unici insieme al flauto, che Mike non suona nel disco e che ha affidato
a due musicisti specializzati. Mike non ce li mostra invadenti ma sapientemente
complementari a tutte le chitarre e ai synth già presenti. Si
prosegue abbastanza tranquillamente fra innalzamenti ed abbassamenti
dell'intensità sonora del pezzo, fino ad una sezione in cui una
chitarra suonata con un timbro partircolarmente simile a quello di un
basso ripete più volte un riff simile a quello finale di Tubular
Bells lasciando spazio a un momento in cui un maestoso coro la fa da
padrone prima di concludere la "part one" con il farseggio
di flauto iniziale.
La seconda parte inizia delicatamente con degli arpeggi di chitarra
acustica insieme all'organo e solo dopo un po' di ascolti ci si accorge
che si tratta della stessa melodia principale della prima facciata riproposta
e arrangiata diversamente sia nella scelta degli strumenti sia metricamente.
Questa operazione di "reciclaggio" e riutilizzo delle melodie
principali è relativamente frequente nei dischi di Mike nei quali
infatti lui ama riproporre pezzi uguali ma suonati diversamente quasi
volesse farci sentire le varie possibilità di arrangiamento di
una melodia
Non è assolutamente da considerarsi un'operazione
riempitiva nel caso fosse rimasto senza idee in testa!! Nei nuovi arrangiamenti
che vengono proposti, le melodie sono molto poco simili all'originale,
il che significa che è stato compiuto un lavoro aggiuntivo di
creatività! Ed effettivamente anche alcuni altri gruppi Progressive
dell'epoca, come Yes e Pink Floyd, erano soliti ad usare lo stesso metodo
compositivo, che sicuramente fa un po' parte anche del genere musicale
considerato...
Il pezzo prosegue molto tranquillamente come nella prima facciata, fino
a circa 9 minuti, dove Mike decide di cambiare tutta la prospettiva
del disco inserendo una sezione veramente devastante ed esplosiva dove
circa 80 chitarre suonano un pesantissimo riff Heavy-Metal. Durante
l'ascolto di questa cavalcata sonora si è talmente rapiti che
non ci si accorge neanche della mancanza della batteria (strumento che
Mike tende generalmente a trascurare) che magari in altre composizioni
se ne sarebbe sentito il bisogno e non si può fare altro che
lasciarsi travolgere da questo vulcano improvviso. Verso i 15 minuti
la bufera si calma e la canzone continua molto più tenue tra
arpeggi caldissimi e i profondi vocalizzi filtrati di Sally Oldfield,
proprio la sorella di Mike, che per la seconda occasione ha impreziosito
il disco con la sua voce.
Queste sono le grandi
possibilità di cui è capace Hergest Ridge, probabilmente
un po' sottovalutato da tutti perché imprigionato da 2 dischi
importanti che hanno segnato tantissimo il pubblico: l'immenso Tubular
Bells prima e il vero capolavoro Ommadawn dopo, che sono stati anche
i più riproposti da Mike nei suoi concerti a differenza di Hergest
Ridge di cui abbiamo, purtroppo, poca testimonianza. Veramente un peccato.