Il 22 dicembre 2006, nonostante la mia riluttanza al volo precedentemente esposta, atterro a Francoforte per vedere il concerto "Nokia Night of the Proms".
E' stato bello incontrare Miriam Stockley di persona dopo due anni e mezzo di lavoro a distanza e si è dimostrata una persona spiritosa e simpaticissima,
nonchè un' artista di grande umiltà. Incontro anche il simpaticissimo Tony Henry, il chitarrista Laurie Wisefield e gli OMD.
Il pomeriggio Miriam ha un incontro con i membri del fan club tedesco di Mike Oldfield presso l'hotel e parla a lungo con il centinaio di presenti
del suo rapporto professionale con Mike, di come si sia ritrovata nel suo studio a lavorare su "Millennium Bell", del loro scambiarsi email di auguri
il giorno di Natale, di come lui sia riservato e di poche parole ma anche estremamente professionale. I fans le regalano foto e la trattengono per quasi
un'ora per autografi e foto.
La sera ci rechiamo al luogo del concerto e mi viene appiccicato al petto un pass per il backstage. Non nascondo l'emozione nel passare di fronte al camerino
di Mike, posto a qualche porta di distanza da quello di Miriam. Negli anni di frequentazione del mondo della musica una cosa che ho imparato è che l'ultimo
posto in cui un artista vuole essere importunato è il backstage.
Quindi mi limito ad osservare. Mi colpisce positivamente l'estrema professionalità di tutto il personale del Night of the Proms, la rapidità dei tecnici,
la cortesia degli organizzatori.
Mi fanno assistere al concerto da una delle tribune, anche se avrei preferito pigiarmi sotto il palco come è mio costume, e trovo la serata magnifica.
Essendo l'ultima data del tour, gli artisti e i tecnici escogitano tutta una serie di scherzi e di gag: Tony Henry viene cosparso di schiuma da barba durante
il Barbiere di Siviglia; durante l'esibizione di Chico c'è un andirivieni di strani figuri al reparto percussioni; a Miriam a metà dell' "Adagio" viene
consegnato da uno degli orchestrali quella che pare essere una partitura ma che si rivelerà invece una lista di irripetibili oscenità, evia dicendo.
Anche Mike è vittima di una serie di scherzi, uno voluto (una corista si veste da angioletto del presepe durante "To France", facendo ridacchiare
vistosamente il Nostro), mentre altri due, frutto di malaugurati inconvenienti: durante "Shadows on the Wall" non parte il gobbo elettronico con i
testi per John Miles e Mike si avvicina al monitor assestandogli un paio di calcetti nella speranza di farlo partire; in più, durante "Yellow submarine"
la sua chitarra non dà segni di vita, portandolo a mettersi su un lato del palco e ad uscire di scena anticipatamente.
Dopo il concerto torno nel backstage e, nonostante gli inconvenienti tecnici, è festa grande. Incrocio Mike un paio di volte, mentre sta sulla soglia del
suo camerino a parlare con gli organizzatori e con alcuni amici. Come ho già detto, mi limito ad osservare, anche perché mi è stata ribadito la sua estrema
riluttanza a rilasciare autografi, e quindi tengo la mia copia del CD di "Tubular Bells" in tasca e abbandono ogni speranza. Ma mai dire mai, il destino
sa esser beffardo...
Epilogo: alle 13.00 del giorno dopo, dato che risiedevamo nello stesso albergo, mi ritrovo per pura casualità a fare il check-out proprio insieme a
Mike. Esco dall'ascensore e me lo ritrovo lì con la compagna e il figlio. Espletiamo le varie formalità alla reception, gomito a gomito, ma non me la sento di
chiedergli l'autografo in quella situazione, quindi mi dico che mi limiterò a gustarmi il momento. Ma quando accade che tre fans (che probabilmente avevano
passato la notte nella hall) gli si accostano chiedendogli di firmare dei dischi, allora quel "Tubular Bells", che ho ancora dalla sera prima nella tasca del
giubbotto, pare gridarmi "ora o mai più"! E quindi prendo coraggio e mi accodo a loro, potendo quindi sfoggiare oggi un rapido scarabocchio del Nostro come
coronamento di un'esperienza fantastica.
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