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        MELODY 
          MAKER - 25 NOVEMBRE 1978 QUESTO 
          È L'ANNO IN CUI L'UOMO SI APRE...
 Ciò 
          che Scientology ha fatto per Chick Corea (e John Travolta), Exegesis 
          lo sta facendo per il mite, schivo Mike Oldfield. Che punta gli occhi 
          su Karl Dallas."Esegesi, sost. esposizione, esposizione delle Sacre Scritture" 
          - Concise Oxford Dictionary.
 INSOPPORTABILE! 
          Mike Oldfield mi fissava in modo penetrante con quei suoi occhi blu 
          acciaio da più di un minuto, sfidandomi a guardare da un'altra 
          parte e io non ci riuscivo. È uno sciocco trucco infantile quello 
          di costringere qualcuno ad abbassare lo sguardo fissandolo, ma quando 
          Oldfield cominciò, io, come uno stupido, accettai la sfida. Così 
          stemmo seduti in silenzio nella bettola alla moda di Fulham, fissandoci 
          a vicenda, mentre il resto della compagnia strusciava i piedi imbarazzata. 
          Finalmente, il fotografo, Barry Plummer, spezzò la tensione impacchettando 
          l'attrezzatura e preparandosi ad andarsene. Oldfield interruppe la sua 
          guerra fatta d'occhiate per dirgli arrivederci e io presi fiato per 
          la prima volta - mi parve - dopo un'eternità.Questo nuovo Mike Oldfield sicuro di sé era più difficile 
          da trattare del vecchio, sfuggente e nevrotico. Anche al tempo in cui 
          era un prodigio della chitarra che incideva per la Transatlantic 
          con sua sorella Sally, Oldfield era un ragazzo difficile. Ogni intervista 
          era un nuovo tipo di sfida, ognuna alla fine vinta - almeno fino ad 
          oggi.
 La prima volta, alla vigilia dell'uscita di Tubular Bells in 
          confronto fu facile perchè fece quello che gli aveva detto Richard 
          Branson. Così, ci mettemmo semisdraiati uno accanto all'altro 
          sul letto della sua cameretta nello studio di registrazione del Manor, 
          e rispose alle mie domande in un tono monotono, così basso che 
          sul nastro era quasi impossibile capire le sue parole. Alla fine di 
          quella che io ritenevo essere stata una discussione del tutto amichevole, 
          dichiarò: - Mi sento come se mi avessero violentato.
 Il successo non ha viziato Mike Oldfield, ma ha contribuito a distruggere 
          lo scarso equilibrio emotivo che aveva. Stanarlo per un'intervista è 
          diventato una specie di caccia grossa. Avevo provato anche a prendere 
          uno di quei minuscoli registratori che puoi tenere in tasca e ad appuntarmi 
          una cimice Lavallier sul risvolto della giacca come un agente della 
          CIA, ma Oldfield aveva fiutato l'oggetto tecnologico.
 Sebbene avessi trascorso un intero fine settimana con lui nella casa 
          sul pendìo di fronte ad Hergest Ridge, affannandomi 
          su per la collina per far volare gli alianti radiocomandati e scendendo 
          al vicino paese di Penrhos per suonare il mandolino e cantare 
          canzoni folk ad una truppa di perplessi turisti americani dai capelli 
          bluastri, ogni volta che la conversazione ricadeva sulla musica, si 
          abbandonava a grugniti e monosillabi.
 Altri giornalisti non se l'erano passata meglio. Ricordo un giornale 
          che pubblicizzò per radio un'intervista esclusiva con Oldfield, 
          sicuro di riempire un paio di pagine. L' "intervista" ebbe 
          a consistere in una lunga descrizione del tipo di difesa emotiva che 
          gli era familiare e si concluse con l'unica cosa che riuscirono a cavargli 
          fuori, la parola sì. O forse era no, ma aveva lo stesso valore.
 Alla fine andai al sodo, e gli chiesi quando pensava di smetterla di 
          prendere per i fondelli e di concedermi un'intervista seria. Era il 
          giorno in cui registravano l'arrangiamento per orchestra sinfonica di 
          Tubular Bells e, con mio grande sconforto (poichè non avevo il 
          registratore con me), acconsentì immediatamente. - Ok,- 
          disse - facciamola ora.
 Fissammo per il giorno seguente e, in un paio d'ore, Oldfield mi parlò 
          di sé e della sua musica più, credo, di quanto avesse 
          mai fatto prima o dopo. In seguito disse a Branson: - Quella 
          è stata l'ultima intervista che ho fatto.
 Quando un ragazzo sta macinando così tante copie di un unico 
          album, prodotto a basso costo, può prendere una decisione come 
          questa e mantenerla.
 Per un bel periodo di tempo vi si attenne pure, anche se accordò 
          un'udienza ai tempi di Ommadawn solo per negare che, nel decifrare 
          quel titolo come amadan, una parola gaelica che significa "pazzo", 
          io avessi svelato la sua funzione di autobiografia musicale.
 Mike Oldfield non è il solo artista di statura mondiale che sia 
          recalcitrante a sottomettersi ad un esame, preferendo far parlare la 
          sua musica e lasciando fare ai critici le loro valutazioni senza il 
          suo aiuto. I Pink Floyd hanno più o meno la stessa abitudine, 
          Bob Dylan fa così e questa è una cosa comprensibile. Nessuno 
          si aspetta che Sir William Walton si sieda davanti a una folla di giornalisti 
          per spiegar loro le motivazioni che stanno dietro la sua ultima sinfonia. 
          Debbono scoprirle da soli.
 Ma non è stata questa la ragione per cui ho preso tutti questi 
          calci da lui e ho continuato a tornare per prenderne degli altri. E 
          non è stato neppure il vecchio giornalista dalla barba grigia, 
          deciso a mettere il suo uomo in prima pagina, anche a costo di starsene 
          seduto tutta la notte sulla soglia di casa sua. È stato semplicemente 
          che, come nessun'altro che conosco eccettuato forse James Taylor durante 
          la sua fase Strapazzare lo zoo, con Mike Oldfield l'uomo, la sua musica 
          e i suoi traumi, sono un tutt'uno e non è possibile capire l'uno 
          senza conoscere gli altri.
 Mike mi spiegò una volta, durante quell'unica intervista rivelatoria, 
          come le sue più delicate, angosciose e magnifiche melodie sono 
          state composte come una specie di terapia personale, non tanto per esprimere 
          come si sentisse al tempo della sua più profonda e paranoica 
          depressione, ma per trovare qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa per 
          cambiare quello stato mentale nel modo che voleva. I nostri meetings 
          erano diventati quasi una specie di punto d'incontro di vecchi ragazzi 
          della notte, nei quali ricordavamo le pause nervose che avevamo avuto 
          e ci dicevamo come affrontare il mondo d'oggi.
 Poi, improvvisamente, un giorno tutto questo cambiò. Ricevetti 
          una telefonata da uno sbigottito ufficio stampa della Virgin Records, 
          che annunciava che Mike era appena arrivato in città e che voleva 
          rilasciare alcune interviste.
 Ci incontrammo, facemmo una colazione molto cordiale nella creperia 
          vicino all'angolo di Portobello Road e io fui contento di constatare 
          quanto sembrasse completamente cambiato, ma la conversazione rimase 
          principalmente di natura personale. Non emersero grandi cose sulla musica 
          e quindi non fui mai interessato a scriverle.
 Ed ora eravamo 
          nuovamente qui, e tutto era ancora una volta diverso. A stento riconobbi 
          questo ragazzo sbarbato, fresco, estroverso, che mi buttò le 
          braccia al collo appena fui sulla sua Rolls, che sedette con 
          il braccio drappeggiato protettivamente sulle mie spalle, mentre mi 
          diceva come avesse posato per delle fotografie che dovevano somigliare 
          alle statue di Auguste Rodin, come stesse pensando di comprarsi un jet 
          Lear (costo: due milioni di dollari), come avesse insegnato 
          a se stesso a volare, liquidando come cazzate le voci che lui aveva 
          accidentalmente cancellato i nastri del suo nuovo album quando era ormai 
          quasi finito, e negando pure che stesse pensando di andare a vivere 
          in Bretagna.
 - No, - disse - vivo ancora nell'Herefordshire. 
          Però, davvero, ho imparato a vivere dovunque mi capiti.
 E cioè, oggi e in questo mondo?
 - Esatto!
 Mentre aspettavamo di essere serviti al ristorante cominciò il 
          balletto.
 - Ok, - disse - fammi qualche domanda.
 Obbiettai che non erano né l'ora né il luogo, ben sapendo 
          che l'informalità poteva mandare all'aria tutta la faccenda, 
          che il modo per farsi fare qualche rivelazione era di predisporre una 
          situazione più formale, strutturata con vere domande e, forse, 
          vere risposte. Questo era difficilmente possibile, con Donna Summer 
          che strillava MacArthur Park nel mio orecchio destro, così esitai 
          un po’, prendendo tempo.
 - Bene, - disse lui allegramente, dando un'occhiata 
          al suo costosissimo, multifunzionale orologio analogico - la 
          faremo alle 8.30, vale a dire esattamente tra dieci minuti da adesso.
 Spostò la sua attenzione su Denise, che risultò essere 
          una modella e un'autrice di storie per bambini, una ragazza giovane 
          e gentile che sembrava combattuta tra il fascino per il suo indubbio 
          carisma e la resistenza all'opprimente natura della personalità 
          che stava riversandoci addosso. Capivo esattamente come si sentiva.
 Si scusò dopo il pranzo apatico e non ci raggiunse sull'houseboat 
          di Richard Branson, dove finalmente ci fu L'Intervista, ovvero il duello 
          con il registratore alle ore piccole prima dell'alba.
 Volli sapere che diavolo stava succedendo.
 - Per lungo tempo - disse lentamente, nel tono piatto 
          e misurato di chi detta una lettera d'affari - io ero determinato 
          a stare male in modo da buttare fuori alcune cose, inclusa la mia infanzia. 
          Ora ho completato quel processo e ho scelto di stare bene. Ho scelto 
          anche di esprimermi attraverso le mie emozioni, perché sono stufo 
          delle emozioni. Sono stufo di essere un romantico. - un riferimento 
          alla prima parte della serata quando io lo avevo descritto come un romantico 
          e lui aveva rifiutato l'addebito - Ho intenzione soltanto di 
          esprimere me stesso e se la gente vuole ascoltarmi mentre esprimo me 
          stesso lo farà. E se non vuole, non lo farà. Non è 
          qualcosa che devo fare, è qualcosa che scelgo di fare.
 Qualcosa che desideri fare, lo incitai.
 - No, davvero, sto scegliendo di farlo.
 Che c'era stato nella sua infanzia che aveva dovuto buttar fuori in 
          modo così traumatico?
 - I rapporti con i miei genitori, il rapporto tra mia madre 
          e mio padre, tutto. Ero responsabile anche di questo.
 Scusa?
 - Anche questa è stata una mia scelta. Sono responsabile 
          di tutto ora, piuttosto che dire che tutto mi sta succedendo perchè 
          lui ha fatto e lei ha fatto; non ha niente a che vedere con me. Sono 
          del tutto colpevole e tutto è stato colpa mia. Sono responsabile 
          di ogni cosa in tutto e per tutto. Così, se decido di stare bene, 
          lo faccio. E se sto con qualcuno che è veramente sgradevole per 
          me, anche questo è colpa mia, perché sono io che, in ogni 
          momento, creo di continuo la realtà che mi circonda. Sono esattamente 
          la stessa persona, sto solo guardando le cose da un diverso punto di 
          vista.
 A cosa è dovuta questa trasformazione?
 - Non facevo altro che stare male. Stavo male in modo da dimostrare 
          che la gente è fatta di rotti in culo, io stesso ero un rotto 
          in culo, nessuno mi voleva bene e io odiavo tutti. L'ho provato e riprovato 
          finchè non stavo ottenendo nient'altro che dimostrarlo una volta 
          di più. Così, un paio d'anni fa, ero all'incirca alla 
          fine di Ommadawn, ho cominciato a maturare la decisione di cambiare 
          strada, di lasciar perdere tutto questo, di scoprire qualcosa su quella 
          parte di me ed eliminarla. Ed essere me stesso senza tutte le mie stupidaggini.
 È un gioco arduo da fare su se stessi. E avevo avvertito per 
          tutta la sera la stessa specie di disturbo alienante che avevo visto 
          in altri amici che si erano convertiti a Scientology, o il Guru Maharaji 
          e in alcuni comunisti che erano tornati alla Chiesa - il forte, bruciante 
          fuoco del convertito, disorientamento rimpiazzato da certezza - l'infallibile 
          sicurezza di sé negli occhi che mi aveva colpito al ristorante. 
          E, come sospettavo, questo risultò essere stato una parte della 
          storia recente di Oldfield.
 - Finalmente, nel giugno di quest'anno, ho frequentato un corso 
          di tre giorni, un seminario che durava tre giorni chiamato Exegesis 
          che, credo, abbia fermamente cementato il mio cambiamento.
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        Qui, 
          forse, stavo diventando un po’ disonesto, perché non gli 
          dissi qualcosa che mi aveva infastidito già da prima che ci incontrassimo: 
          vale a dire che avevo ascoltato il suo nuovo doppio album e non mi era 
          piaciuto molto. Né, sospettavo, era piaciuto a molti critici. 
          Affrontai l'argomento indirettamente. Dato che, gli dissi, i momenti 
          duri ai quali aveva voltato le spalle avevano anche ispirato quella 
          musica che lo aveva reso famoso nel mondo…
 Mi interruppe: - Sì, ma vedi, io quella l'ho usata. Prima 
          ancora di realizzare Tubular Bells sapevo che sarebbe stata un successo. 
          Ho avuto sempre una certezza a livello conscio, che lo sarebbe stata. 
          Il modello che ripeto è per prima cosa fare in modo da piacere 
          alla gente e quindi portarla a rifiutarmi, ed è esattamente ciò 
          che ho fatto con Tubular Bells ed Hergest Ridge.
 E così Hergest Ridge è stata il rifiuto; e cosa è 
          stata Ommadawn?
 - Oh, ho dovuto di nuovo fare in modo da piacere alla gente. 
          Ma del resto ho fatto il mio gioco con quelle due. Ommadawn non ne faceva 
          parte, specialmente la fine del primo lato. Quello era un rilascio di 
          energia negativa, di frustrazione assoluta, delle quali sono stufo.
 Così i critici ai quali non piaceva Hergest Ridge - e io appartenevo 
          più o meno a quella minoranza che allora preferiva questo al 
          non impeccabile lavoro da genio che lo aveva preceduto - avevano avuto 
          ragione a rifiutarlo?
 - Certo. Ho ottenuto esattamente quello che volevo. Dato che 
          io continuo a creare realtà in ogni momento non posso sbagliare. 
          Sono completamente responsabile di tutto quello che mi accade.
 Ammettiamo per un momento che avesse ragione. Se Oldfield fosse stato 
          un filosofo avremmo potuto tuffarci in un colto discorso sulle teorie 
          dell'arcivescovo Barkeley, il quale riteneva che il mondo al di fuori 
          di noi sarebbe il prodotto della nostra percezione soggettiva e non 
          sarebbe più reale dell'idea che noi ci siamo fatti di esso. Se 
          fosse stato un tipo qualsiasi avremmo potuto cominciare a pensare di 
          avere davanti un ragazzo parecchio di fuori.
 Ma lui è un artista e, come ha detto Freud, "se una 
          persona che è ai ferri corti con la realtà possiede un 
          dono artistico, può trasformare le sue fantasie in creazioni 
          d'arte anziché in sintomi di malattia. In questo modo può 
          sfuggire al triste destino della nevrosi e, attraverso un giro vizioso, 
          riacquistare il contato con la realtà."
 E questo è esattamente quello che Oldfield sembrava aver fatto. 
          Ricordo che, mentre parlavo di lui con qualcuno alla Virgin e chiedevo 
          come stesse, mi fu detto - Oh, è in uno stato tremendo perché 
          si è appena lasciato con la sua ragazza. Naturalmente ha ricominciato 
          a lavorare in studio.
 Ma perché, mi chiedevo meravigliato, se invece di accettare la 
          spiacevolezza di alcune parti del mondo esterno e di usare la musica 
          per alterare la sua coscienza di ciò in modo da rendere il mondo 
          più sopportabile, aveva imparato a sopportarlo in tutto la sua 
          bruttezza dato che, dopotutto era soltanto la sua coscienza che dirigeva 
          il gioco, allora?
 E cosa importa per esempio, suggerii a voce alta, se ai critici non 
          piacesse veramente Incantations? Se Hergest Ridge voleva provocare 
          rifiuto e Ommadawn riconciliazione, il fatto che il terzo album aveva 
          venduto più del secondo poteva significare che aveva avuto successo 
          nell'ottenere riconciliazione; cosa avrebbe dovuto fare Incantations?
 - Ciò che mi riprometto è di esprimere totalmente 
          me stesso e di trasmetterlo in Incantations, cosa che ho ottenuto in 
          un paio di punti - l'assolo di flauto e l'assolo di vibrafono sul lato 
          quattro. Sono arrivato vicino come non mai all'espressione di me stesso. 
          Molte persone gli faranno resistenza, cosa della quale sono anche loro 
          respsonsabili. Se vogliono ascoltarla lo faranno. Sarà molto, 
          molto appagante il sentirla, ma se non lo faranno andrà bene 
          lo stesso. Ma qualunque cosa accada a Incantations sarà perfetta 
          per me. Ne sarò responsabile.
 Parlammo 
          per un po’ dell'album, per quale motivo era doppio (apparentemente 
          perché si sentiva in colpa per non aver prodotto niente per tre 
          anni), la ragione per dedicare, tramite la cantante folk Maddy Prior, 
          un intero lato ad un canto, l'Hiawatha di Henry Woodsworth Longfellow, 
          fino a parlare degli echi di lavori precedenti, come il canto femminile 
          sulle percussioni di Jabula in Ommadawn che ricorreva ancora in questo 
          nuovo album.
 - Devo spiegare, disse, che le parti più importanti sono 
          l'assolo di flauto e quello di vibrafono e l'assolo di chitarra che 
          segue quello di vibrafono. Il resto è un mucchio di spazzatura.
 Veramente?
 - E tutti i miei lavori sono stati un mucchio di spazzatura.
 Secondo quali standard?
 - Secondo il mio standard, quello di esprimere completamente 
          me stesso, piuttosto che esprimere le mie apprensioni, la mia felicità, 
          le mie delusioni, il mio orgoglio, ciò che pensavo di me stesso, 
          tutto questo genere di spazzatura.
 Aspetta un momento. Se queste non sono le cose che fanno una persona, 
          se noi non siamo la somma totale delle nostre esperienze, ma qualcosa 
          sopra e sotto la vita che conduciamo, allora come si può dire 
          che abbiamo un'esistenza?
 - Sono parte di me stesso, sono dentro di me, ma sono solo parti 
          trascurabili del meccanismo che mi conduce attraverso la vita. Va bene 
          esprimerle, ma io ho trovato un mezzo diretto per esprimermi come essere 
          umano. È una tua scelta se decidi di vedere le cose in questo 
          modo oppure no. Va bene, qualunque cosa tu pensi, ma io vedo me stesso 
          non come il mio corpo né come la mia mente, e sto esprimendo 
          questa essenza di me. Sono ancora carico di angosce, ma le porto come 
          bagagli, se vuoi. Non penso di essere le angosce. Se vuoi, io sono il 
          contesto nel quale sono contenute le angosce, piuttosto che essere le 
          angosce stesse.
 Ma le angosce erano state la causa della realizzazione della sua musica 
          più bella - come ad esempio le nubi vorticose e i cipressi di 
          Van Gogh erano il prodotto della sua schizofrenia. O così, almeno, 
          avevo inteso dalle precedenti interviste.
 - Le usavo come prova per supportare tutto ciò che facevo, 
          - replicò - ma qualunque cosa abbia fatto è 
          stata una scelta. Adesso sono arrivato alla conclusione che non esiste 
          niente che sia incidentale, nulla che sia un errore. Tutto ciò 
          che ho fatto, tutto ciò che faccio, tutto ciò che ottengo, 
          è stato totalmente ed esattamente ciò che ho voluto e 
          totalmente ed esattamente ciò che ho creato per me stesso.
 Questa aveva tutta l'aria della miglior seduta alla quale partecipavo, 
          che prometteva allo stesso modo percezioni che erano impossibili da 
          spiegare ai non convertiti, che offriva anche immagini di limiti da 
          superare, dubbi da seminare. Stavamo parlando, mi pare, di Exegesis.
 - Già. Cominciò alle nove del mattino e finì 
          circa alle undici o mezzanotte. Ascoltavi questo tizio che ti parlava 
          e compivi vari processi con un gruppo di circa 230 persone in un hotel 
          di Londra. Cominciava il giovedì sera e finiva la domenica. Consisteva 
          nella liberazione di tutte le tue angosce, che sperimentavi in pieno, 
          delle quali ti liberavi lungo la strada. Ti costringeva a distruggere 
          una gran parte di te stesso e tu opponevi un'incredibile resistenza 
          nel farlo, perché una gran parte di te doveva morire, letteralmente 
          morire. E dietro a questo c'eri tu, ciò che tu eri realmente. 
          Ne ho preso coscienza, ne ho assunto il controllo, non sono più 
          un passeggero.
 Allora, chi guidava prima?
 - La mia mente, le mie angosce mi guidavano. Le mie paure, i 
          problemi, i modelli d'educazione ripetitivi che manipolano le persone. 
          Tu sai che ero solito essere molto quieto e timido e questo non voleva 
          dire niente: era solo un esempio perfetto di manipolazione di una persona. 
          Bello!
 Ma, e se il suo lavoro più grande è stato prodotto dalle 
          sue angosce?
 - È impossibile. Perché le angosce sono cose del 
          tutto meccaniche. Tu fai delle esperienze quando sei giovane, anche 
          quando sei vecchio, e le registri come un nastro. Sono cose del tutto 
          meccaniche e una cosa meccanica non può creare niente, può 
          solo prendere decisioni. Come se tu avessi questa serie di motivi a 
          favore e questa serie di motivi contro e questo potesse funzionare automaticamente 
          come una macchina. Le cose che provengono da me, come un essere, come 
          un'entità, sono soltanto creazioni. Non provengono da niente, 
          sono libere scelte, non sono cose come le angosce.
 Non devo fare niente al momento, veramente. E non m'importa se tu mi 
          credi oppure no, non ho bisogno dell'approvazione di nessuno. Sto scegliendo 
          di far funzionare questa cosa per me stesso, che non devo farla componendo 
          musica e andando per la strada (ndt: a spiegarlo a qualcuno). 
          Scelgo di farlo. Altrimenti non c'è ragione di essere 
          vivo. Sarei contento anche di morire, lo sai? Non c'è bisogno 
          di ammalarsi, anche se un sacco di gente pensa di doversi ammalare per 
          morire. Non ce n'è bisogno, basta che smettere di giocare.
 Giocare?
 - Sì, il gioco che tutti stiamo giocando.
 La musica?
 - Tutto.
 Il definirlo un gioco significa che è poco importante?
 - No, no, no, no, no. Altrimenti noi non avremmo scelto di essere 
          vivi, giusto? È un bel gioco. Vedi, il gioco al quale sto giocando 
          adesso, è il gioco più grande al quale puoi mai giocare, 
          ovvero il gioco di non giocare ad alcun gioco, essendo del tutto onesto. 
          È divertente non giocare ad alcun gioco, non aver nulla da difendere. 
          Anche questo è un gioco.
 Se Incantations non fosse un successo, di critica e/o di vendita, continuerebbe 
          a ritenerlo perfetto?
 - Certo!
 Gli dispicerebbe?
 - No!
 E la sua vecchia lamentela, secondo la quale il rilasciare interviste 
          equivaleva ad una violenza?
 - Era uno scherzo. Mi sono divertito molto.
 Il che fa pensare che anche il suo attuale atteggiamento potrebbe essere 
          uno scherzo.
 - Sto solo giocando ad un gioco diverso. Lo scherzo è 
          più grande perché è più grande il gioco 
          al quale sto giocando. La sola cosa che non è uno scherzo è 
          chiudersi e la piena espressione di sé. Ma in un certo qual modo, 
          il chiudersi è espressione di sé. Se fossimo seduti da 
          soli insieme, guardandoci a vicenda, vorremmo chiuderci, ma vorremmo 
          anche cominciare ad esprimere noi stessi l'uno verso l'altro.
 Come il nostro gioco di farci abbassare gli occhi a vicenda; certamente 
          lui allora aveva espresso se stesso e io non ero sicuro che allora mi 
          piacesse la persona che sembrava essere.
 - Quando il tour sarà finito tornerò di nuovo 
          in studio. Ma non è più una necessità.
 Ma quello non era molto diverso dal vecchio Mike Oldfield, quindi quanto 
          era veramente cambiato?
 - Per nulla!
 KARL 
          DALLAS |